Quando la ragione fallisce, non rimane altro che l’appello al cielo.

Si, Dio da qualche parte dovrà pur essere.
Se l’appello alla ragione durante le notti insonni non porta alla risoluzione dei miei pensieri, non rimane altro che l’appello al cielo.
Come Locke scrive nel suo Secondo Trattato sul governo, quando l’ultima speranza è andata, non rimane altro che questo.
L’appello al cielo. O alla rivoluzione.
Non sono uno di quei qualunquisti rivoluzionari che risolvono il problema di Dio negandone totalmente la sua esistenza come qualcosa di scientifico. No. Io credo in Dio, o almeno, non nel senso cristiano, ovviamente, e non mi sento autorizzato ad eludere il problema con un "non cè, chissene frega".
Penso al fatto che la ricerca non è finita, non abbandono la possibilità anche materialistica di una essenza che implichi la propria esistenza, come Spinoza avrebbe detto.
Pensandoci bene, se tutte le più lungimiranti menti nella storia dell’uomo abbiano affrontato il problema Dio, credo che un motivo di fondo ci sia.
Ogni grande filosofo, scienziato, artista o letterato ha dovuto e voluto affrontare la questione del Divino. Non eludendo il problema con la sua negazione a priori per presa di posizione.
Quello equivale a credere in Dio. O meglio, alla fede che esso non esista, al dogma che esso non cè, punto.
Il dogma della negazione è speculare a quello della rivelazione.
Quindi, a me che rimane poco altro che l’appello al cielo, vi faccio una richiesta: che qualcuno mi aiuti a trovarlo, per piacere.
Da qualche parte dovrà pur essere.

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