Gwen’s Redemption: Narrativa impegnativa – Capitolo 2

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Capitolo 3

 

Ogni volta che accendo il computer compaiono sempre fastidiose finestre… che non so cosa vogliano dire. Mi hanno consigliato di spingere sempre il pulsante “NO” o “ANNULLA” o “X” quando non so che fare. Nel caso non ci sia uno di questi pulsanti, spegnere e riaccendere il computer.

Ci sono giorni in cui i no-annulla-x non funzionano, e spegnendo e riaccendendo ritornano, creando così una sorta di loop.

Questo genere di loop possono durare anche due tre ore.

La mia vita spesso sembrava un dejavù.

Quindi per accedere alla mia casella postale ogni giorno devo subire finestre e pop-up di incerta provenienza.

Una volta superata la fase iniziale, riuscii a leggere la posta, in quel pomeriggio lontano. L’unica email era di quel ragazzo che accettava l’appuntamento al Cafè del Fico, un piccolo Cafè situato nel centro di Roma, vicino corso Vittorio Emanuele.

Il giorno dopo, alle cinque e mezzo del pomeriggio, andai all’appuntamento con Daniel, questo era il suo nome

Lo trovai li, con le gambe accavallate che prendeva un tè caldo, seduto ad un tavolino al lato opposto di dove solitamente i vecchietti della zona si riuniscono per giocare a scacchi.

Non sapevo nulla di questo Daniel.

Ricordo che quella giornata fu un po nuvolosa, e che le giornate nuvolose nei film non promettono mai nulla di buono.

Gli domandai se poteva aiutarmi a reperire del buon materiale riguardo la nascita di internet.

<<Vorrei anche la tua opinione in merito, dato che conosci molte più cose di me… magari mi sai dare un giusto stimolo per scrivere un buon pezzo>> 

Il suo aspetto era stravagante ma decisamente originale: un tipo alto, slanciato ma un po comico a vedersi, con quella sua maglietta con scritto “Duck Hunt”, forse buffo, per quelle sue orecchie a punta e il naso alla Zanardi. 

Alle mie prime domande non rispose, divagando quasi come se stesse recitando un copione.

Quella fu la nostra prima vera conversazione.

 

 

Mi disse che a suo parere l’interazione che la rete avrà con le persone cambierà gli equilibri sociali.

Lo guardai un po’ turbato.

<<Siamo stati cresciuti dalla televisione e dai videogame mentre i nostri veri genitori, quelli naturali, erano indaffarati a buttare la propria vita nella miseria della quotidianità. Gli eroi dei fumetti sono nostro padre e nostra madre. Pac-man è il nostro amico immaginario. Se fosse vero che i videogame influenzano negativamente la vita degli adolescenti, vivremmo tutti dentro stanze semichiuse mangiando palline magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva.>>

Beh, non che si scostasse poi tanto dalla realtà.

E pensare che ho imparato l’inglese giocando a Final Fantasy. 

<<Internet è un’invenzione di portata storica, un qualcosa in grado di sovvertire l’ordine sociale esistente. Sovvertire un ordine nel modo in cui meno te lo aspetti.

Vedi, l’unico modo per cambiare la situazione attuale delle cose è quello di distruggere tutte le codificazioni etico-morali, per poi costruirne di altre… insomma… impazzire!>>

Non feci in tempo a scrivere sul mio taccuino le ultime parole che mi disse. 

Mi bloccai a pensare alle parole “codificazioni” e “etico-morali”, non ne capivo il nesso con quello che stavamo dicendo.

<<Il fatto è che il nostro mondo si nutre di modelli. Questi modelli si basano su dei valori che noi abbiamo codificato nel tempo e che la società ha assimilato in pieno. Non penserai che le tue scelte siano totalmente frutto del tuo libero arbitrio? Questi modelli sono dei veri e propri esempi di vita.

Siamo nel mezzo della storia, e non sappiamo a quale modello un giorno assomiglieremo.>>

<<Tu lo sai?>> mi chiese.

<<Le grandi catene di vestiti attraverso le pubblicità ci hanno insegnato cos’è il bello e il brutto. Bisogna smettere di fare ciò che ci dice la famiglia Barilla, gli amici del Nescafè o i modelli esaltati di Gucci e Dolce & Gabbana.

Alterare l’ordine sociale vuol dire negare e rifiutare il concetto di modello.

Immagina una società senza codici comportamentali comunemente stabiliti. Un luogo dove non vi è ne giusto ne sbagliato. Ne bianco ne nero.

Un non luogo.

Dimentica tutto quello che sai. Lascia che la tua mente crei un’immagine originale unica di ciò che ti sto dicendo>>

Non so perche ma pensai a quando da piccolo desideravo uno di quei giubbottini imbottiti all’inglese. 

Volevo fare sempre di testa mia.

Mia madre invece mi vestiva sempre con quei completini in azzurro a strisce bianche.

Con quei cravattini. 

Quanto odiavo quei cravattini.

<< Immagina un mondo dove la gente vagabonda nuda cosparsa di colla gelatinosa e penne di gallina attaccate su tutto il corpo grasso e massiccio pieno di rughe, che si lecca in faccia invece di salutarsi con la stretta di mano e dorme sulle panchine delle metropolitane abbandonate, che piscia nei vasi con grandi fiori non conoscendo né ira né peccato, né devozione né redenzione>>

<<Vaffanculo quello che la gente comune pensa. Il valore diviene l’anti-valore. Impazzire è l’unica soluzione…>>

Oh. Sospirai.

<<Ci sono persone che sdoppiano la propria vita creandosi personaggi fittizi all’interno della rete, personaggi che sono quello che in realtà gli attori del personaggio stesso vorrebbero essere.

Cavalieri, Stregoni, Narcotrafficanti.>>

Un giorno lessi su di un poster in metropolitana la scritta “Perché essere se stessi se si può essere chiunque altro vuoi con la sola forza dell’immaginazione?” 

Il riassunto della nostra civiltà.

<<La gente vuole cambiare la propria vita, ma non tutti riescono a farsi trasportare dagli eventi. Come quando giochi ad un videogame.

Quando giochi a Super Mario, interpreti una parte. Mario acquista il tuo carattere.>>

E pensare che il mio solo divertimento era quello di finire il gioco nel minor tempo possibile. “Time Attack” lo chiamavamo. Mettevo addirittura il nastro adesivo sul pulsante B.

<<La gente comune ha bisogno di modelli con cui specchiare la propria vita. Quando questi crollano e ti ritrovi solo, capisci che la libertà e la verità hanno abbandonato questo terra.

L’unica soluzione è quella di creare a tua volta dei piccoli mondi fittizi.

Scopri che il tuo regno non è di questo mondo.>>

Pensai che non era la prima volta che sentivo queste parole.

Mi disse che stravolgere tutti i meccanismi per i quali siamo assuefatti necessita un coraggio senza eguali.

Non a tutti piacerebbe vivere tra tubi e piante carnivore.

<<Se, paradossalmente, ti accorgi che l’unico mondo libero rimasto è un mondo che realmente non esiste, come la prenderesti? Cercheresti di raggiungerlo.

Abram avrebbe voluto che il suo mondo divenisse realtà>>.

Feci una piccola smorfia di disapprovazione.

Scusa, chi è Abram?

<<Abram stava lavorando ad uno script capace di alterare il percorso dei dati all’interno delle varie reti. Un giorno scomparve e non avemmo più notizie di lui… 

Cercava il modo di riabilitare se stesso come uomo. Voleva l’avverarsi del suo mondo ideale>>

Gli chiesi se conosceva il suo vero nome.

“Marv” rispose, ma tutti lo chiamavano Abram. era il suo “nick” in giro per la rete.

Pensai che se Paz fosse in vita lo farebbe diventare un personaggio degno dei suoi fumetti.

Daniel si accomiatò da me dicendo che il nostro tempo a disposizione era terminato…

Si alzo dalla sedia, lasciò qualche moneta per pagare il conto e se ne andò. Ero ancora pensieroso e frastornato dai suoi racconti che mi accorsi di non avergli chiesto come avrei fatto ad avere altre informazioni riguardo Abram, la sua storia mi interessava.

Il nome ispirava primati e vecchie questioni irrisolti. Evocava fantasmi del passato.

Decisi quindi di scrivergli ancora via email, cercando indicazioni, chiarimenti.

Mi guardai attorno, sperando di trovarlo ancora nei dintorni e poterlo raggiungere. Era già sparito.

Che poi, chi fosse veramente, non lo capii mai.

 

Otto e trenta di mattino, lunedì, aula magna: Facoltà di fisica. Fu una levataccia quella mattina; andai a dormire molto tardi perché la vasca da bagno cominciò a perder acqua mentre mi guardavo uno di quei programmi erotici sulle emittenti televisive provinciali. Mi accorsi dell’acqua perché ebbi la sensazione di esser tutto bagnato. 

La sensazione, a suo modo, non era del tutto sbagliata.

Tutta casa era allagata, i miei piedi e i miei calzini erano in uno stato di pericolo e allarme “alluvione”. 

Non c’è niente di più fastidioso dei calzini bagnati. 

Sono addirittura più fastidiosi della fila alla posta. 

Cominciai a rastrellare casa cercando di accumulare l’acqua e tentare di asciugare il pavimento con uno straccio ammuffito, preso in prestito dalla vicina con l’orticaria all’una di notte.

Andai per prendere sigarette ed accendino, mentre rastrellavo acqua. Erano lì, sul tavolo, ne ero sicuro. Mi girai intorno, e con rammarico mi accorsi di aver fatto cadere le sigarette nella grande pozza d’acqua. Quindi niente sigarette, niente nicotina. I miei nervi erano appesi ad un filo.

Sapevo che sarebbe stata sveglia quella sera, la mia vicina: la domenica notte era il giorno in cui si guardava le repliche della sua fiction preferita a tutto volume. Il modo più facile di plagiare la vita delle persone. Ecco perché solitamente sono sveglio anche io la domenica notte.

Rastrella acqua con lo spazzolone, asciuga l’acqua con lo straccio, strizza lo straccio nel secchio.

Andai a dormire con una pesantezza sulle spalle… e mi svegliai ancora più rincoglionito e stanco di quando andai a dormire.

Non ero neanche riuscito a concludere la mia pratica masturbatoria giornaliera.

E avevo del prurito.

E’ importante strizzare ben bene lo straccio, e farlo asciugare al sole. Per evitare che faccia della muffa, è chiaro.

Passeggiando con le borse sotto gli occhi per i corridoi della facoltà di fisica mi fermai ad un distributore automatico di bevande calde, inserii le mie ultime monete nel distributore per spingere il bottone “Caffè Espresso – Molto Zucchero”. Naturalmente il fattorino che riforniva le macchine di materie prime come caffè in polvere, latte scremato U.h.t. e cioccolata in polvere, ancora non era passato.

Con rammarico la scritta “caffè non disponibile” si sbeffeggiava di me e delle mie occhiaie. 

Avevo pure finito le monete.

Con lo sguardo perso nel vuoto cercavo l’aula magna, aula nella quale avrei dovuto assistere ad un seminario sulle tecnologie in fase di sviluppo e sicurezza informatica.

Io, che so a stento accendere un computer.

Mi sedetti nell’ultimo semi-anello della grande aula magna, su una seggiola pieghevole attaccata al pavimento con un perno in metallo cosparso di gomme da masticare secche e scritte come “Non votare, spara!”

Durante la conferenza mi arrivò un messaggio sul cellulare con su scritto: “Aula 2, lettere. 12:30. Fammi sapere se puoi. Daniel.”

Guardai l’orologio del cellulare che segnava le undici. Avevo almeno un’altra ora prima di vedere Daniel. Ascoltai il seminario con particolare interesse, registrando il tutto con il registratore portatile, annotando sul mio taccuino le uniche cose che riuscivo a capire.

Le mie nozioni nel campo dell’informatica all’epoca erano davvero ridicole…

Una volta finita la conferenza guardai l’orologio, segnava le 12:15, avevo quindici minuti per andare alla facoltà di lettere e cercare l’aula due.

Cercai qualcuno che mi cambiasse i soldi di carta in monete per ritentare con la slot machine.

Inserisci le monete, seleziona il prodotto, fatti il segno della croce. Solo i più devoti riescono.

Alle dodici e trenta aprii la porta dell’aula due nell’edificio di Lettere E Filosofia, aula storicamente “occupata”.

Mi ricordai che una volta dopo le lezioni di letteratura italiana, entrai in aula due, così per curiosità.

Era già occupata quando io frequentavo l’università.

Nulla era cambiato.

Un nuvolone di fumo mi avvolse in pieno, provocandomi tosse, irritazione agli occhi. Altro prurito.

Lì seduti trovai due ragazzi che giocavano a scacchi, altri tre che leggevano libri e giornali, e seduto in fondo sul davanzale della finestra Daniel.

Appena chiamai Daniel tutti si girarono. Una strana sensazione salì lungo la spina dorsale, sensazione simile a quando la professoressa del liceo chiamava il mio nome e tutti si giravano speranzosi che io mi offrissi volontario per l’interrogazione, interrompendo l’estrazione giornaliera, salvando qualche compagno. O come quando ti trovi al pronto soccorso e chiamano con il microfono il tuo nome.

Tutti si girano invidiosi della tua lacerazione cutanea perché ha ricevuto una priorità più alta rispetto alla clavicola rotta del tuo vicino di sedia. Forse perché quel giorno rischiai che le mie arterie esplodessero in fontane di sangue imbrattando muri e pavimenti di un colorito vermiglio scuro.

Io e Daniel ci sedemmo su due sedie situate vicino alla finestra in fondo alla stanza, dove meno orecchie indiscrete avrebbero potuto ascoltare.

Mi disse che avrebbe accettato di rivelarmi altre informazione riguardo Abram solo alla condizione di dire tutta la verità una volta terminata la questione. Che non avrei dovuto mentire. Che avrei dovuto dimenticare tutto quello che sapevo e ascoltare con gli occhi aperti e la mente rivolta ai pensieri più lontani.

Non avevo nessun interesse ad occultare la verità, ma tutto questo simbolismo e tutta questa storia stava suscitando in me una particolare curiosità.

Mi disse che Abram era stato contattato dagli agenti del Sismi e dalla sezione GAT – Nucleo Speciale Frodi Telematiche della Guardia di Finanza, a causa di infiltrazioni varie in alcune società di sicurezza nel web, per aver “bucato” alcuni server di provider telefonici, e per il suo passato sovversivo all’interno dell’area autonoma.

Era venuto a conoscenza di alcune pratiche che i più importanti provider telefonici avevano adottato in accordo con il GAT, pratiche che minavano la sicurezza e la privacy nel web.

Pensai che era ora di ordinare per posta quel corso di computer “Impara ad usare il computer in dieci lezioni”. I depliant di quella compagnia li usavo come carta da filtro.

Sapete, si può ottenere tutto per posta. Una volta mi mandarono un opuscolo informativo riguardo un incontro indetto dai testimoni di Geova. L’errore sta nel rispondere a questo tipo di “informazioni”.

Ogni giorno prelievo dalla cassetta della posta gli opuscoli di tutte le chiese avventiste, missionarie, sette segrete. Mormoni. Montanisti. Eresie Penitenziali. Ognuna prospetta una visuale differente per il vivere, il morire, la resurrezione. L’Eskaton.

A volte mi vien da pensare che la vera Gnosi risieda in un Dio senza nome.

Daniel cercò di spiegarmi come funzionasse la rete: quando noi scarichiamo un qualsiasi file riceviamo il file spezzettato in più parti, che queste parti vengono chiamate “pacchetti”, e che noi ogni volta che riceviamo un pacchetto ne inviamo un altro di conferma al mittente del primo. E mi spiegò che il GAT stava alterando il percorso di questi pacchetti, in modo tale che i pacchetti di conferma non sarebbero stati recapitati direttamente dal mittente, ma da un server che “loggava” ogni informazione.

Boh. Voi sapete che vuol dire?

Mi disse che in questo modo potevano ricostruire tutto il traffico web.

Mi disse che Abram questo lo sapeva.

Mi ricordo che poi fece un nome, zion, il nome di uno degli amici di Abram, che anche lui partecipava a questo progetto di riappropriazione della rete.

Mi disse che anche zion era di Roma e che se lo avessi voluto incontrare avrei potuto trovarlo in giro per forum.

Oggi aveva un’altra delle sue stravaganti magliette con scritto “R*esist”. E sotto “OpenSour*ce”. E ancora “Fr*eedom”. Mi disse che le Cavallette era un gruppo di mediattivisti che si occupava di sicurezza e ospitalità per tutti gli attivisti mediatici-e-non all’interno di una rete. Daniel, in particolare, mi disse che si sentiva più inventato che autistico.

Non ho mai capito cosa volesse dire.

Forse Abram era stato “allontanato” dai servizi segreti. 

“Eliminato”. 

Ma dai, su. Nemmeno fossimo in un film.

Mi disse in fine che avrei dovuto fare molta attenzione. Che il nostro periodo storico era particolare, pericoloso.

Eravamo i figli di troppo della storia. La vera guerra al terrorismo non era contro i criminali internazionali, ma contro questi enti parastatali che governano la nostra vita indisturbatamente… siamo i prodotti di una società che vuole controllare in ogni minimo dettaglio ogni cosa.

Mi disse che prima o poi il mondo sarebbe stato di nuovo libero.

Che ci saremmo riappropriati di tutto, che lo avremmo condiviso con tutti e tutte.

Mi disse di starne fuori finché ero in tempo, che arriverà il giorno in cui noi tutti come cavallette invaderemo il mondo vero e plasmeremo la libertà di tutti.

 

 

Esodo, Capitolo dieci, Versetto quattro:

[…] ecco io manderò da domani le cavallette sul tuo territorio. Esse copriranno il paese, così da non potersi più vedere il suolo: divoreranno ciò che è rimasto, che vi è stato lasciato dalla grandine, e divoreranno ogni albero che germoglia nella vostra campagna. Riempiranno le tue case, le case di tutti i tuoi ministri e le case di tutti, […] cosa che non videro i tuoi padri, né i padri dei tuoi padri, da quando furono su questo suolo fino ad oggi!".

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