Il tentativo di imbrigliare i movimenti in una rete di repressione non
è mai stato così forte da almeno 20 anni.
Stiamo vivendo un’ondata repressiva che coinvolgerà tutti. A partire
dai 25 compagni arrestati a Genova e condannati a 110 anni di carcere cumulativi, ai 13 compagni di Sud Ribelle,
per i quali sono stati chiesti 50 anni di carcere e varie misure
cautelative, ai compagni di Firenze che nel 1999 hanno avuto la colpa
di "manifestare" contro la guerra in Kosovo, reagendo alle cariche
indiscriminate della polizia, come dimostra questo video hostato da NGV, anche loro sotto processo.
Ovviamente il pacchetto sicurezza approvato nelle aule del potere va
sempre nella stessa direzione: reprimere, reprimere reprimere.
Per discorrere in modo propositivo di sicurezza e repressione b/sogna
analizzare criticamente le varie definizioni: Cosè la sicurezza? O cosa
intendiamo per sicurezza? Che cosè la paura? E il degrado?
Per sicurezza Wikipedia: La sicurezza (dal latino "sine cura": senza preoccupazione) può essere definita come la "conoscenza che l’evoluzione di un sistema non produrrà stati indesiderati". In termini più semplici è: sapere che quello che faremo non provocherà dei danni o non ne subiremo a causa di terzi.
In realtà, le istituzione e le norme alla quale si ispirano, cosa intendono per sicurezza?
Il suo significato ha un ampio spettro di risposte: dalla sicurezza personale (nelle strade come nelle case), alla sicurezza del lavoro come modo di riproduzione di vita, alla prevenzione del danno, del reato, della possibilità dell’errore.
Qui i termini sicurezza e prevenzione vengono mescolati in un unico significato: siamo sicuri se gli apparati di prevenzione sono efficaci e le norme che regolano la vita quotidiana, dai rapporti sociali alle modalità di lavoro, ci restituiscono sicurezza.
Il contrario della sicurezza è la paura:
cioè, in un sistema (e per sistema intendo un qualsiasi insieme di
fattori incognite e circostanze, nel significato più scientifico del
termine) in cui non ci si sente sicuri, che sia esso la casa e i
rapporti domestici, l’azienda e i rapporti di lavoro, le strade e il
rapporto con gli sconosciuti (ecc ecc), si prova paura.
Come la
sicurezza è uno stato di cose, la sensazione dell’assenza di pericoli,
la paura (da Wikipedia) è una intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo, reale o supposto.
La logica ci direbbe che la paura della gente aumenta in modo
inversamente proporzionale alla sensazione di sicurezza. Questo vuol
dire che la sociologia classica che tende a considerare come fattori di
paura i crimini commessi, gli omicidi, le rapine, le violenze ecc.,
stabilisce una relazione tra crimini paura e sicurezza: meno crimini
vengono commessi, meno la sensazione di paura attanaglia le persone,
più ci sentiamo sicuri.
Ma questa non è la realtà.
La realtà ci restituisce un dato contraddittorio: la paura è inversamente proporzionale alla criminalità. I crimini diminuiscono, le città sono più "sicure" eppure la gente continua ad aver paura, anzi, ne ha sempre di più.
Come è possibile?
La paura nella gente aumenta perchè i fattori causanti essa sono moltiplicati.
La sua matrice è molteplice.
Oggi i soggetti attivi "causanti" paura possiamo trovarli nell’altro, nel diverso genericamente, colui il quale crea un disagio o un degrado.
Il barbone, il punkabestia con il cane, il rom, lo zigaro, l’extracomunitario, il drogato, gli omosessuali, l’ubriaco, il noglobal.
I soggetti della paura sono diventati quei corpi che decidono al di là
di ogni considerazione morale strade diverse di vita, che esprimono le
loro esistenze in maniera diversa, che siano esse consapevoli o no. Il
degrado è diventato sinonimo di paura, o una sua causa efficiente.
La conseguenza è che i sistemi di sicurezza sono alla continua ricerca
del soggetto attivo nella relazione chi/cosa fa paura e chi la subisce,
il pericolo di cui aver paura, cercando la soluzione,
<<reprimendo>> la causa efficiente.
Per questo ora la paura coincide con quei soggetti "altri" e non con chi/cosa veramente dovrebbe iniettare paura nei corpi della gente.
Ma credo che ci sia di più. Credo che l’identificazione della paura con i soggetti "altri" non sia sufficiente ad analizzare tutte le sue cause. Possiamo definire una diversa categoria di soggetti che interagiscono con la realtà, in modo a volte impercettibile, ma che sono i protagonisti del nostro teatro: i soggetti passivi. Soggetti passivi come la precarietà, la disoccupazione, la sopravvivenza giornaliera, l’assenza di stimoli adeguati, di possibilità. Questi sono quei soggetti passivi che alimentano la sensazione di disagio, paura, una paura che non è sensazione di pericolo imminente, ma sensazione di pericolo futuro, pericolo di vita e della sua semplice riproduzione.
La paura nei giovani è la precarietà della vita stessa: i sistemi di contratto a termine, di insicurezza del futuro, come le università blindate e a numero chiuso, l’università riformata, la sussunzione del lavoro cognitivo da parte dell’economia capitalista, hanno cambiato i rapporti sociali dando ragione alla sostanziale tesi di Marx: Il Capitale non è un sistema economico ma è un rapporto sociale. Cambia la conformazione del capitale e dei suoi lavoratori, cambiano i rapporti sociali ad esso annessi.
Attraverso il controllo di questi rapporti sociali e delle loro passioni il capitale prende vita.
Prendendo spunto da alcuni appunti seminariali su passione e metropoli,
possiamo affermare che tutte le costruzioni politico-economico-sociali
dal contrattualismo in poi si formano attraverso il controllo delle
passioni e la funzionalizzazione di esse al consenso.
Lo stato di natura Hobbesiano è attraversato dal desiderio
irrisolvibile, tutta la sua costruzione è basata sul sentimento di
inimicizia nel quale avviene una completa scissione tra la prassi e la
teoria per il raggiungimento dell’obbedienza al sovrano, il Leviatano.
Qui le passioni vengono funzionalizzate alla soggezione, attraverso il
controllo sulle passioni, come la paura per il sovrano, unico soggetto
scisso dal contratto con potere illimitato.
I contratti di lavoro in Tocqueville assumono un ruolo fondamentale nella costruzione di questo processo: l’uomo uguale diviene solitario, straniero al destino degli altri; la sua famiglia diventa l’intera specie umana. Tocqueville direbbe "un gregge di animali timidi ed industriosi", dove ogniuno è voglioso di rimanere per conto suo.
Ed ecco che capiamo perché e in che modo le istituzioni inondano la popolazione "attiva" di repressione, attraverso norme sempre più rigide, attraverso il controllo dei confini, il controllo dei corpi e della loro autodeterminazione, attraverso il controllo dei connettori sociali come le sostanze stupefacenti e i loro fruitori, demonizzandone l’uso, proibendo. Ora il metodo Cofferatiano o quello Veltroniano ci sono sempre più chiari: imbrigliare i soggetti attivi, le forze calde nella metropoli, i nuovi lavoratori del capitale moderno. Sicurezza è controllo.
La repressioni del dissenso è allo stesso tempo repressione della riproduzione di vita altra rispetto al canone, rispetto a quei rapporti sociali che il capitale inconsciamente richiede per la sua sopravvivenza: la diffidenza, la paura, il terrore del nuovo, l’insicurezza. Queste sono quelle passioni fredde che il capitale come i governi che ne legittimano l’esistenza hanno bisogno.
Senza la fruizione di questi sentimenti passivi, come l’inettitudine, l’apatia, il capitale non può sopravvivere.
E la repressione dei sentimenti attivi, invece, come la rabbia, la
disobbedienza, l’azione, il rifiuto, la gioia, è il fronte più
delicato, è la trincea della guerra per l’accettazione dello status
quo.. Qui si combattono le battaglie decisive per la vittoria del
capitalismo e dei suoi rapporti sociali.
Il controllo delle passioni è lo strumento di dominio del capitale.
Ma non tutto è finito. Ecco che ritornano i temi a noi più cari (per chi ha già letto questo blog).
Ora ci è più chiaro cosa vuol dire rifiutare la famiglia, lo stato, il lavoro.
Come riappropriarsi della propria vita, dei propri ritmi: riproduciamo la nostra vita come affermazione delle nostre fantasie, delle nostre necessità, dei nostri sogni, attraverso il rifiuto, la gioia, la disobbedienza, la rabbia, socializzando i desideri.
Se il capitale cambia i rapporti sociali e la realtà, i rapporti sociali possono cambiare il capitale e i suoi "modi" di intendere la realtà.
E ora, riprendendo Tocqueville per l’ultima volta, <<l’uomo uguale diviene solitario, straniero al destino degli altri>> capiamo perché i sogni e i b/sogni, come la felicità, divengono sovversivi quando si collettivizza e si condividono le esperienze.
Infine invito tutti e tutte a seguire il primo appuntamento del ciclo di seminari "Le Passioni della Metropoli", a Esc atelier occupato venerdi 22.02 alle ore 15.
Vi segnalo il libro di Marcello Tarì”Movimenti dell’ingovernabile”
http://www.ombrecorte.it/…id=148&tipo=novita
e QUESTO BLOG:
http://planbbureau.splinder.com
*POCHI AMICI*MOLTO AMORE*
*O
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